La questione dei precari della scuola va inquadrata nella sua giusta dimensione per scegliere le soluzioni corrette ,salvaguardare la professionalità e la dignità delle persone. I precari di oggi sono, nella quasi totalità, figli delle  politiche dei governi degli ultimi 10 anni che, anche su indicazioni europee, hanno stabilito, per assumere docenti di ruolo, di eliminare i concorsi sostituendoli con un percorso biennale di formazione didattica, la scuola di specializzazione SSIS, organizzata dalle Università. La specializzazione si chiudeva con un esame finale di Stato con prova scritta e colloquio che, in base alla legge, aveva valore di prova concorsuale e dava diritto all’inserimento nelle graduatorie permanenti.  Questo, che è stato l’unico accesso per 10 anni, ha lasciato situazioni irrisolte, perché molti di coloro che hanno frequentato il biennio, superato l’esame e sono inseriti in graduatoria hanno insegnato da precari. Oggi, dopo che il ministro ha bandito un concorso per gli incarichi a tempo indeterminato, si trovano a dover rimettere in discussione la loro posizione e ricominciare tutto daccapo. Da qui le loro proteste. Ma esiste anche l’esigenza di inserire nel mondo dell’insegnamento i giovani laureati. Sia i giovani laureati che i precari hanno validi motivi per sostenere le loro rivendicazioni. Una strada potrebbe essere il doppio canale, mezzi posti ai precari, mezzi a concorso finchè le graduatorie permanenti non si esauriscono. Questo per risolvere la situazione esistente. Poi i ministri devono compiere una scelta definitiva sulla modalità di assunzione, non può l’ultimo governo disfare quello che è stato fatto, senza valutare l’esistente, gli piaccia o meno, andrebbe trovata la più ampia convergenza parlamentare. Infine la Regione autonoma a legislazione vigente avrebbe potuto salvare alcune situazioni se avesse approvato una propria legge per la gestione degli organici della scuola.

Paola Schiratti