Parlare del lavoro oggi è fondamentale. Lavoro è tutto,è Costituzione (art1) sopravvivenza, dignità, sicurezza, democrazia, sviluppo, futuro. Ma il lavoro non viene da solo.  Per creare lavoro servono idee, intelligenze, cultura, innovazione, investimenti, volontà, forza, coraggio, coesione sociale, dedizione. Il nostro paese in questo momento di crisi economica soffre più degli altri in Europa perché sono mancate in questi ultimi decenni molte doti e volontà per produrre lavoro. Scarsi investimenti industriali, disorganizzazione della rete logistica, lentezza e incertezza della giustizia,  incapacità della politica e dell’alta dirigenza di riformare il funzionamento delle macchine burocratiche e amministrative costose ed autoreferenziali, eccessiva tassazione su imprese e lavoro, incapacità di aprire nuovi fronti di intervento economico, incapacità di coinvolgere nei processi di sviluppo soggetti sociali fondamentali, tra l’altro quelli portatori di innovazione: donne e giovani, giovani donne.

Molta volontà deve essere esercitata da tutti i soggetti che intervengono nell’economia e nella politica per uscire da questa enpasse. Uno dei fronti riguarda il lavoro delle donne e delle giovani donne. Dove le donne sono inserite nel mondo del lavoro la crisi è stata meno grave, ha  destato meno paure e quindi ha pesato di meno.

Ancora le donne occupate in FVG e calano nel 2013 dello 0,8% rispetto al 2011 da 238. 011 a 237.840, 60,8% di donne occupate,  mentre i maschi occupati da 300.733 del 2011 passano a 303.765, 75,9% di maschi occupati . Nella nostra Provincia l’occupazione maschile aumenta e passa dal 74,8%  al 76,1% , non cala l’occupazione femminile, il gender gap passa da 16,1 del 2010 a 16,9 del 2013. Se confrontiamo i dati di occupazione tra il 2007 anno precrisi il 2010 in piena crisi e il 2013 abbiamo cali di occupazione del 15% tra i giovani maschi dal 44,6% al 29,7%(-5,4% tra 2010 e 2013) del 3% dei maschi tra 25 e 34 anni che passano dal 90,3% all’87,3%, mentre per le donne il calo è del 2,4% dal 26,7% al 24,3%  nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, del 5,1% dal 77,4% al 72% nella fasci 25- 34 anni, l’età feconda periodo durante il quale le donne sono viste dalle aziende come un pericolo.  Nel complesso il tasso di occupazione maschile nel 2013 in regione risulta essere al 70,7%, quello femminile al 55,2%. Itassi di occupazione sono più alti tra i laureati : l’84% contro il 76% dei diplomati, 60% dei licenziati alle medie, più bassi i tassi di occupazione femminile 74,2% tra le laureate, 62,8% tra le diplomate, il 40,2% tra le licenziate . Negli ultimi tra anni 1.600 (500 a UD) madri si sono dimesse dal lavoro entro il 3ì anno di vita del bambino. A causa della possibilità di conciliare tempo di cura del bambino e tempo di lavoro per mancanza di asili nido, troppo cari a fronte di stipendi molto bassi, assenza o impossibilità della famiglia di prendersi cura del bambino al posto dei genitori, scarso accesso da parte dei padri al congedo parentale.  E’ un dato negativo e molto preoccupante per gli effetti che ha sul medio e lungo periodo, il rischio è la povertà con tutti i costi umani economici e sociali che questa comporta.

Questi cali interessano tutti i settori economici esclusa l’agricoltura.

I contratti di lavoro delle donne sono part time , a tempo determinato in percentuali maggiori rispetto ai maschi. Le donne hanno salari più bassi a parità di lavoro rispetto agli uomini, un settore lavorativo appena si femminilizza abbassa i salari, le imprese artigiane gestite da donne hanno la stessa capacità di resistere alla crisi delle imprese maschili, stessa è la mortalità di piccole imprese con titolare uomo o donna , ma i redditi delle artigiane donne sono molto più bassi rispetto a quelli maschili, metà le pensioni.

 Dati gravi per entrambi i generi , soprattutto per i giovani, ma gravissimi per le donne. Eppure proprio dal loro inserimento e mantenimento nel mercato del lavoro può  essere il volano che ci permette di uscire dalla crisi e incrementare l’occupazione sia maschile che femminile.

Le donne portano doti diverse rispetto a quelle maschili nel mondo del lavoro. Il prof. Veronesi ha indicato le 10 doti delle donne che le rendono preziose nel suo staff presso il centro tumori di Milano. Le donne sono precise, dedite, lavoratrici, serie,  affezionate al posto e al lavoro, multi tasking, organizzate, capaci di lavorare in gruppo, efficaci nella comunicazione, creative.  La legge 2010 ha previsto anche in Italia che il 30%  dei componenti dei Cda delle aziende sia formato da donne che possono dare un contributo originale agli sviluppi delle aziende, perché è dimostrato che le donne guardano più all’interesse complessivo dell’azienda che al loro tornaconto personale.  Forse sono meno corruttibili dagli interessi delle lobby. Donne ai vertici per gestire meglio le aziende, donne maggiormente occupate a tutti i livelli per far funzionare meglio i settori delle diverse attività.

Un approfondimento a sé merita il settore economico dei servizi, quello in cui sono occupate molto le donne. E’ un settore economico mai veramente partito in Italia. Nel nostro paese infatti anziché offrire servizi, che creano posti di lavoro,  per sostenere le famiglie si è preferito monetizzare i bisogni con piccoli assegni , pensioni, non c’è attenzione all’essere genitori e lavoratori e lavoratrici.Le famiglie di fatto sono lasciate  sola a risolvere i loro problemi, la soluzione è il doppio o triplo lavoro femminile e l’introduzione del badantato, la domestica coabitante una forma di servizio scomparsa anche in Italia dagli anni 50 e reintrodotta dal 2000.   Uno studio della Banca D’Italia del 2010 evidenzia come la mancanza di servizi nel nostro paese abbia acuito la crisi economica, difronte alla quale si è contato quasi esclusivamente sulla solidarietà familiare, rendendo molto esposte le famiglie più fragili, e lasciando abbandonati al loro destino coloro che non hanno famiglia che si rivolgono ai comuni che spesso non hanno fondi e comunque possono rifiutarsi di prestare assistenza che nel nostro paese non è un diritto. Ci si domanda in questo studio quanto a lungo le famiglie potranno attutire gli shock negativi,  e quanto questo modello sociale sia equo. Affidare alle famiglie un ruolo vicario rispetto alle politiche pubbliche  significa ammettere  che vi sia una rete di protezione differenziata a seconda della famiglia di origine.  Inoltre la maggiore dipendenza dalla famiglia di origine limita la capacità dei giovani di perseguire progetti di vita autonomi , la loro partecipazione economica e sociale, la loro propensione ad abbandonare  la condizione di figlio e assumere il ruolo di genitore.  Gli sviluppi della situazione e alcuni di questi motivi concorrono al drastico calo delle nascite, tra i più bassi del mondo, altro fattore di crisi economica.  Senza bambini il paese è senza futuro, senza spinta.

Ecco situazioni di difficoltà dovute a retaggi antichi oltre che alla crisi attuale da cui dobbiamo uscire. Coinvolgere le donne e i giovani nella vita economica è fattore di sviluppo, i giovani sono portatori delle tecnologie, delle innovazioni, delle visioni rivolte al futuro, le donne del loro specifico modo di essere, complementare rispetto al modo maschile. Le giovani donne possiedono l’uno e l’altro insieme.

Per introdurre le donne nel mercato del lavoro e implementare il lavoro stesso occorre l’impegno di tutte le forze, economiche, politiche e sociali, occorre creare la rete di servizi, creare condizioni di lavoro family frendly, fare in modo che la maternità  non sia antagonista al lavoro delle donne, che non fanno figli perché con uno stipendio solo è difficile mantenerli.  Vanno attivate tutte le forme di conciliazione attraverso la creazione dei servizi necessari, teniamo conto che oggi tutte le leggi  sulla conciliazione sono senza finanziamenti, che dovrebbero essere previsti e introdotti nel jobs act. Accanto ai finanziamenti  per creare i servizi necessari  nel frattempo e intanto vanno attivate le forme di servizi a costo zero o bassissimi  come gli accordi territoriali di secondo welfare, che si richiamano al principio della responsabilità sociale d’impresa. Esistono buone prassi già avviate in regione, bisogna mappare il territorio, far emergere le buone prassi, comunicarle, condividerle, in particolare è stato sottoscritto proprio in questa ottica un protocollo, avviato dalla Consigliera di parità, tra associazioni di categoria, coperative, sindacati, provincia nella provincia di Pordenone che merita di essere esteso  a livello regionale.

Una serie di servizi, infrastrutture, la tutela e la diffusione della nostra cultura, dell’arte, delle tradizioni,  dell’enogastronomia, la salvaguardia dell’ambiente, lo sfruttamento di energie alternative . Università e una rete  scolastica e formativa all’altezza del compito e delle sfide da affrontare, l’avvio delle studentesse anche a studi tecnologici e scientifici quanto i ragazzi a studi umanistici e artistici, per avere la presenza di donne e uomini in ogni ambito lavorativo, sono strumenti da attivare anche in regione sono interventi che richiedono oltre che interventi finanziari la capacità da parte di chi ci governa e dirige  di comprenderne la fondamentale importanza come investimento per il futuro, anche prossimo. Una serie di riforme sono ineludibili per rendere il cambiamento possibile.  Una maggiore presenza di donne anche nella politica aiuterebbe ad affrontare queste sfide. Ogni soggetto si deve impegnare in questo precesso , anche La regione autonoma su molti settori deve intervenire con coraggio, nel sistema di istruzione e formazione, nella logistica e nei trasporti, nella sburocratizzazione e nella riorganizzazione degli enti locali, nei piani energetici, paesaggistici, dei trasporti, nella riforma della legge elettorale che favorisca l’ingresso delle donne nel mondo della politica, nell’avviare un processo di vicinanza e sussidio delle amministrazioni ai cittadini e ai loro bisogni, nel taglio delle sprechi, nell’eliminazione delle società partecipate, nella riduzione dei compensi al personale politico di regioni e dello stato tra cui anche le ricchissime pensioni..  Al fine di dare spazio, competenze e finanziamenti alle attività in ogni settore piccolo medio e grande per produrre lavoro, favorire la crescita, avviare lo sviluppo. Solo così in Italia e in FVG sarà possibile sboccare la situazione stantia in cui ci troviamo